Ha messo tutto il contenuto della sua cartella clinica online chiedendo agli internauti pareri medici e soluzione creative al suo problema: un tumore al cervello.
Ha fatto discutere la Rete il gesto di Salvatore Iaconesi, artista digitale livornese, che ha reso disponibili i file dei referti medici rilasciati dall’ospedale San Camillo Forlanini di Roma sul suo sito personale. In Parlamento i radicali hanno presentato un’interrogazione al ministro della Salute sulla vicenda: open source sì, open source no anche nel settore medico? Con quali vantaggi e quali rischi?
I file della cartella clinica forniti dagli ospedali italiani non sono criptati – come spiega qui l’esperto di diagnostica digitale -, ma certo l’universo 2.0 sta modificando anche il significato moderno di salute e il modo di informarsi. Lo sostiene Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di Informatica Medica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, che all’argomento ha anche dedicato un libro (“Web 2.0 e Social Media in Medicina: come social network, wiki e blog trasformano la comunicazione, l’assistenza e la formazione in sanità”, Il Pensiero Scientifico Editore). “Internet e in particolare i social network, i blog e gli strumenti del web 2.0, offrono grandi opportunità per informarsi e per discutere di salute – dice Santoro -. Su Internet è possibile trovare qualunque genere di informazione che riguarda la cura e la gestione delle malattie, dove e a chi rivolgersi per curarle, dati dettagliati sulla loro incidenza e notizie su come combatterle e prevenirle”.
Fioriscono i forum e i luoghi di scambio di informazioni su cure, terapie innovative o alternative, indicazioni di farmaci, rimedi naturali. Molti sono ben moderati, ma ci sono anche tante zone “grigie”. “Il rischio più importante per i malati è quello di imbattersi in notizie mediche non corrette o in ‘guaritori improvvisati’ che offrono il proprio discutibile aiuto – continua Santoro. Rischio che “cresce con la frequentazione dei social network e delle online communities – aggiunge – dove è più facile imbattersi in contenuti prodotti da non addetti ai lavori”.
I social network sono diventati una delle più estese agenzie di comunicazione del “villaggio globale”, ma ad oggi mancano indagini dettagliate sul modo in cui si costruiscono i nuovi legami sulla Rete intorno al concetto di salute. Mesi fa Nature ne ha dedicato una al modo in cui i malati di Sclerosi Multipla e i loro familiari hanno sostenuto il “metodo Zamboni” attraverso il Web. “I social network e in particolare le online communities, cioè le aree di discussione basate su piattaforme di social networking sviluppate per specifiche patologie, offrono un ambiente ideale – ricorda Santoro – dove malati e familiari possono confrontarsi, cercare supporto psicologico su come affrontare la malattia, raccontare le proprie storie, discutere delle ultime novità provenienti dalla ricerca. In una sola parola per non sentirsi soli”. La Rete in questo è miracolosa.
Tornando alla provocazione di Iaconesi: può essere utile la sua ricerca online di cure contro il tumore? “È importante che faccia attenzione alle risposte che riceverà – dice Santoro -. La Rete è un luogo dove non è possibile identificare facilmente gli utenti e dove i ciarlatani, presenti anche tra la categoria dei medici, sono sempre in agguato”. C’è poi l’aspetto di privacy da non sottovalutare, sul quale di recente anche il Garante per la privacy ha emanato le prime linee guida. “Occorre fare molta attenzione a ciò che si pubblica in Internet, soprattutto quando si decide di ‘postare’ contenuti che riguardano la nostra salute, perché, occorre sempre ricordarlo, tali contenuti saranno disponibili anche a distanza di molti anni e, a meno che non siano stati specificatamente protetti, potenzialmente accessibili a tutti gli utenti della Rete”, spiega Santoro, secondo cui casi come quello di Iaconesi – e sicuramente quelli che verranno – sono “l’ennesima dimostrazione di quanto sia indispensabile la disponibilità di un reale fascicolo sanitario elettronico, che possa essere messo a disposizione dei pazienti ma soprattutto dei medici ai quali i pazienti desiderino chiedere un consulto”. Un fascicolo che dovrebbe essere “realizzato con standard internazionali che ne garantiscano l’interoperabilità – afferma l’esperto .- e che permettano al paziente di decidere fattivamente con chi condividere le informazioni riguardanti la sua salute”. Quasi un invito superfluo, ai tempi di iPad e ambulatori aperti h24, peccato, chiosa Santoro, che in Italia “siamo ancora molto indietro rispetto alle esperienze internazionali, in particolare quelle del Nord Europa, dove qualunque esame è online e consultabile, dietro l’autorizzazione del paziente, da qualunque medico”.